UN FRENO ALL'INVECCHIAMENTO
Serafino Fazio già professore di Medicina Interna all’Università degli Studi di Napoli Federico II, specialista in medicina interna e cardiologia; Valeria Fazio • Cardiologia Ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli (NA); Flora Affuso Geriatra ricercatrice indipendente, Napoli
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Deputati alla produzione di energia, i mitocondri sono organuli importanti per l’organismo. Il loro declino favorisce la senescenza e lo sviluppo di malattie ad esso correlate. Assumere particolari sostanze naturali può aiutare a rallentare la corsa delle lancette biologiche. I mitocondri sono organuli cellulari deputati alla produzione di energia sotto forma di adenosina trofosfato (ATP), delegati allo svolgimento delle funzioni cellulari delle cellule in cui essi sono contenuti e alla loro sopravvivenza. Pertanto, sono estremamente importanti per il corretto funzionamento del nostro organismo. Per fare un esempio molto semplice, basti pensare che le cellule che hanno bisogno di grosse quantità di energia per funzionare bene ovvero le cellule muscolari e quelle cerebrali sono le prime a risentirne se i mitocondri non funzionano correttamente. Un declino nella qualità, nel numero e nella attività dei mitocondri è stato associato al normale invecchiamento, ma anche correlato con lo sviluppo di un ampio range di malattie croniche correlate con l’età (1).
LE FUNZIONI
I mitocondri sono gli unici organuli delle cellule umane a possedere un proprio DNA (mtDNA). Esiste una vasta letteratura scientifica che dimostra come la disfunzione mitocondriale sia associata all’invecchiamento delle cellule e dell’organismo (2) e a numerose patologie come il cancro, le malattie metaboliche (3), in particolare il diabete (4), e quelle neurodegenerative (5). È noto che, con l’invecchiamento dell’organismo, i suoi mitocondri diventano progressivamente meno numerosi ed efficienti. Questo, già da solo, potrebbe spiegare il deterioramento delle funzioni di molti organi con l’avanzare dell’età, la riduzione della forza muscolare, il, spesso, facile affaticamento e la comparsa progressiva di perdita di memoria e deficit cognitivi, fino a una vera e propria demenza. Proteggere, dunque, i mitocondri e migliorare la loro funzione può determinare un aumento della produzione di energia e, quindi, un miglioramento della salute fisica e mentale.
I RADICALI LIBERI All’interno dei mitocondri vi è una eleva- ta produzione di radicali liberi dell’ossigeno (ROS), e questo rende il mtDNA particolarmente esposto al danno ossidativo (6). Con l’invecchiamento, questi danni possono persistere e accumularsi nel tempo (7, 8). Viene ipotizzato che l’invecchiamento e le malattie degenerative possano dipendere proprio dal progressivo accumulo di mutazioni deleterie a livello del mtDNA prodotte nel tempo dai ROS (9).
QUERCETINA: UN POTENTE ANTI-OSSIDANTE
La quercetina è un principio attivo naturale che appartiene alla famiglia dei flavonoidi. Si tratta di un importante insieme di pigmenti vegetali la cui struttura chimica è derivata da quella del flavone e a cui appartengono antociani, flavoni e altri pigmenti. Comprendono antociani, flavoni e altri pigmenti e nel mondo vegetale, il loro ruolo è determinante e cruciale per proteggere al meglio le piante dai vari e costanti attacchi di virus, batteri, funghi e dai raggi UV.
La quercetina si ritrova nella frutta e nella verdura: fonti alimentari particolarmente ricche di quercetina sono, per esempio, le cipolle, il radicchio, i broccoli, il sedano, i capperi, le mele, l’uva rossa, i frutti di bosco, gli agrumi e anche alcune bevande come il vino rosso e il tè verde. Alla luce degli studi finora effettuati, si ritiene siano un’ottima fonte di sostanze antiossidanti e antiinvecchiamento, capaci di contrastare l’azione dannosa dei radicali liberi (18). In più, la quercetina è classificata come agente senolitico dal momento che è in grado di proteggere, anche in modo significativo, le cellule dall’invecchiamento (19). I meccanismi con cui la quercetina determina ciò sono molteplici, diversi, e non del tutto ancora conosciuti, è noto tuttavia che essa è un potente antiossidante, ha proprietà antinfiammatorie e riduce l’insulino-resistenza, un fattore predisponente all’invecchiamento cellulare (20). La sirtuina 1 (SIRT1) promuove la funzione mitocon driale e regola l’omeostasi mitocondriale. Gli studi hanno indicato che la sovraespres- sione di SIRT1 può inibire efficacemente la morte cellulare, promuovere la sopravvivenza cellulare e prolungare la durata della vita delle cellule (21).
AGIRE IN ANTICIPO
I risultati ottenuti dalla terapia delle demenze già in fase sintomatica sono piuttosto insoddisfacenti. Pertanto, bisognerebbe intervenire prima, in prevenzione, proteggendo i mitocondri (le nostre centrali di energia) dai danni ossidativi che si accumulano negli anni, poiché sono associati all’invecchiamento e allo sviluppo di malattie croniche degenerative. La quercetina e la PCC sono sostanze naturali che hanno dimostrato di poter fare questo e di proteggere gli organi più sensibili, con maggiore fabbisogno energetico, dai danni collegati al trascorrere degli anni.
I MITOCONDRI SONO ORGANULI CELLULARI DEPUTATI ALLA PRODUZIONE DI ENERGIA SOTTO FORMA DI ADENOSINA TROFOSFATO (ATP), DELEGATI ALLO SVOLGIMENTO DELLE FUNZIONI CELLULARI DELLE CELLULE IN CUI ESSI SONO CONTENUTI E ALLA LORO SOPRAVVIVENZA
STIMOLARE NUOVA ENERGIA
Quando si parla di biogenesi mitocondriale ci si riferisce a un processo che consiste nella formazione di nuove componenti mitocondriali e di nuovi mitocondri a partire da quelli già esistenti, rimuovendo quelli danneggiati (azione, quest’ultima, chiamata mitofagia) (10). Un’insufficiente azione di mitofagia determina l’accumulo di strutture e molecole mitocondriali danneggiate che sono prodromiche allo sviluppo di senescenza e malattie degenerative, oltre al declino della funzione degli organi e della durata della salute. È necessario, quindi, aumentare il numero dei mitocondri stimolando la biogenesi di nuovi mitocondri e avere la possibilità di poter intervenire sulla mitofagia per la rimozione delle sostanze mitocondriali danneggiate. A parte un’attività fisica moderata e costante e una dieta appropriata, per stimolare la biogenesi mitocondriale esiste la possibilità di assumere costantemente sostanze naturali come i polifenoli (11), di cui la quercetina contenuta particolarmente nelle mele, nei capperi, nelle cipolle e in molti integratori (12) - è un rappresentante molto diffuso in natura. Esistono molte altre sostanze naturali che sono supportate nella loro azione di stimolo alla biogenesi mitocondriale da una buona letteratura scientifica. Tra questi, abbiamo scelto la pirrolochinolina chinone per i risultati particolarmente interessanti e la buona disponibilità in natura (13-16). Infatti, di norma è contenuta in natura prevalentemente in frutti come papaya e kiwi, tè, verdure, latte (in particolare in quello materno) ma in maggiore concentrazione all’interno del “natto”, alimento tipico giapponese a base di fagioli di soia fermentati (17).
EFFETTI NEUROPROTETTIVI
La disfunzione mitocondriale è considerata come il principale fattore causale della patogenesi dell’AD correlata all’invecchiamento (22) poiché può causare danni ai neuroni, alla microglia e agli astrociti (23). La quercetina esercita effetti neuroprotettivi contro l’AD cronica prendendo di mira SIRT1 per regolare la senescenza cellulare e molteplici processi cellulari legati all’invecchiamento, tra cui lo stress ossidativo mediato da SIRT1/Keap1/Nrf2/HO-1 e PI3K/Akt/GSK-3β, mediato da SIRT1/NF-κB risposta infiammatoria, danno mitocondriale mediato da SIRT1/PGC1α/eIF2α/ATF4/ CHOP e Autofagia mediata da SIRT1/FoxO (24). In generale, va aggiunto che, SIRT1 può fungere da promettente bersaglio terapeutico nel trattamento di tutte quelle malattie legate all’invecchiamento attraverso l’inibizione del cosidetto stress ossidativo, la riduzione delle risposte infiammatorie e il ripristino della disfunzione mitocondriale. Le cellule della microglia attivate sono un tipo molto importante di cellule immunitarie innate nel cervello che secernono citochine infiammatorie nell’ambiente ex- tracellulare, esercitano, così, neurotossicità sui neuroni circostanti e sono coinvolte nella patogenesi di molti disturbi cerebrali. La quercetina previene il danno neuronale attraverso l’inibizione dell’attivazione dell’inflammasoma NLRP3 mediata da mtROS nella microglia attraverso la promozione della mitofagia, che fornisce una potenziale e interessante nuova strategia terapeutica per tutte quelle malattie legate alla neuroinfiammazione (25).
AIUTO (anche) DALL'INTERNO La pirrolochinolina chinone (PCC) è un ortochinone eterociclico aromatico, è stata scoperta nel 1964 dal biochimico norvegese Jense G. Hauge nei batteri sebbene solo nel 2003 il gruppo di lavoro coordinato dal neuroscienziato giapponese Tadafumi Kato scoprì come questa sostanza fosse presente anche nell’uomo. Essa è fisiologicamente contenuta nei mitocondri in prossimità del sito di formazione dei radicali liberi, dove è in grado di intercettarli e inattivarli. Recenti studi hanno dimostrato che proprio a livello mitocondriale sarebbe in grado di svolgere le sue principali funzioni: migliorare i processi energetici cellulari e attivare importanti meccanismi di riparazione del DNA mitocondriale (26, 27). Per tali motivi, la maggior parte degli scienziati che si occupa intensamente di questi argomenti intravede per questa molecola un’indicazione nella medicina preventiva e anti-invecchiamento.
GLI STUDI
Esiste una vasta letteratura scientifica, sia sperimentale che clinica, a supporto del fatto che la PCC ha effetti protettivi nei confronti delle malattie neurodegenerative. Uno studio del 2009, per esempio, concludeva che la formazione delle fibrille della proteina prione del topo veniva drammaticamente prevenuta in presenza di PCC, così come veniva anche ridotta la formazione di fibrille di β-amiloide (28). Uno studio più recente di tipo clinico, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo è stato effettuato su un totale di 62 soggetti, divisi in due gruppi di 31. A uno è stata somministrata la PCC a 20 mg al giorno per via ora- le per 12 settimane e all’altro, per lo stesso periodo di tempo, è stato somministrato il placebo. Inoltre, i soggetti trattati sono sta- ti divisi in due sottogruppi di età differenti (52,9±6,6 vs 28,8±6,7) a cui è stata effettua- ta un’analisi della funzione cognitiva completa mediante il Cognitrax. I risultati, quindi, hanno dimostrato che la PCC migliora le funzioni cognitive della flessibilità cognitiva e della velocità esecutiva, già entro otto settimane nei soggetti più giovani, mentre le funzioni cognitive della memoria composita e verbale erano migliorate dopo ben 12 settimane di trattamento solo nel gruppo di soggetti più anziani (29).
Un altro studio clinico randomizzato, controllato con placebo e in doppio cieco è stato condotto in 41 soggetti anziani sani. L’obiettivo era esaminare l’effetto della PCC sulle funzioni cognitive. Ai soggetti in studio è stata somministrata PCC alla dose di 20 mg al giorno per 12 settimane o placebo.
TEST STROOP
Per la valutazione delle funzioni cognitive è stato effettuato un test Stroop e un test Stroop inverso, mentre per la valutazione della funzione cognitiva visuale-spaziale è stato usato un Touch M test mediante laptop/tablet. I risultati di questo studio suggeriscono che la PCC può prevenire la riduzione della funzione cerebrale negli anziani, soprattutto nell’attenzione e nella memoria di lavoro (30). Inoltre, un esperimento preliminare effettuato utilizzando la spettroscopia del vicino infrarosso suggerisce che il flusso sanguigno cerebrale nella corteccia prefrontale è stato aumentato dalla somministrazione di PQQ (30). Un ulteriore studio, molto recente, ha valutato l’impatto del trattamento per sei settimane con PCC sui “bio- markers” mitocondriali, sul metabolismo cerebrale e sui processi cognitivi in 34 soggetti anziani con lieve deficit cognitivo. Anche in questo caso si è trattato di uno studio effettuato con un disegno a gruppi paralleli, randomizzato, doppio cieco e controllato con placebo. I risultati, anche qui, hanno mostrato nei soggetti trattati con PCC un aumento del fattore neurotrofico sierico di derivazione cerebrale, un miglioramento delle funzioni cognitive e un significativoe importante incremento della saturazione della ossigenazione cerebrale (31).